venerdì 13 ottobre 2017

Portaluppi e Basilico,faccia a faccia biancorosso,intervista doppia ai due GM

Abbiamo fatto un'intervista doppia, su temi cruciali che riguardano il nostro amato sport, a due professionisti che hanno messo la loro passione per la pallacanestro davanti a tutto. Due general manager vincenti,che hanno in comune, tra le altre cose, i colori del cuore, il bianco ed il rosso.
Flavio Portaluppi,vincitore di tre scudetti con l'Olimpia Milano, uno da giocatore e due da general manager. Maurizio Basilico,il dirigente più longevo di tutta la serie A, da 24 anni a Legnano.


Buon avvio di stagione per entrambi, cosa vi sentite di promettere ai vostri tifosi:
P: Avvio di stagione sicuramente promettente. Il successo della Supercoppa e' stato un buon viatico anche se arrivato dopo pochi giorni dall'inizio effettivo della preparazone visto che i nazionali si erano uniti al gruppo da quattro cinque giorni. Gli obiettivi sono tornare vincenti in Italia e competitivi in Europa. Promesse e' meglio non farne ma abbiamo obiettivi precisi e ben identificati.
B.: Sicuramente un avvio di stagione e precampionato buoni. La squadra e' stata costruita per arrivare ai play off ed e' questo quello che mi sento di promettere ai nostri tifosi.Tutto quello che arriverà dopo sarà oro

E' costante la polemica sul basso utilizzo degli italiani in serie A. La A2 sta diventando il regno dei grandi vecchi, e' pensabile contingentare in qualche modo la situazione?
P.: Come idea generale sono abbastanza contrario alla pre costituzione di categorie protette di giocatori con diritti diversi dagli altri, siano esse generate da nazionalità o da fascia di eta'. Sicuramente il sistema pallacanestro italiana ha bisogno di qualche cambiamento e mutazione, ripeto la soluzione ideale, almeno dal mio punto di vista, non ritengo essere la protezione di determinate fasce.
B.:Secondo me l'A2 e' un campionato bello, alcune societa' hanno puntato forte sui due stranieri, ma al contempo si vedono anche giocatori italiani con minuti importanti. L'ideale,in serie A sarebbe mettere per regolamento qualche italiano in piu' e qualche straniero in meno. Ritengo importante anche per l'affezione della gente che va al palazzetto identificarsi con qualche giocatore italiano. Secondo me e' impensabile non vedere giocare nel massimo campionato uno come Matteo Frassineti.


Livio Proli, forse anche un po' provocatoriamente, ha proposto di mandare i nostri giovani in Slovenia a fare esperienza in una squadra satellite. E' necessario? Esiste un'alternativa meno traumatica?
P: Non so se questa proposta sia l'unica e quindi sia necessario mandare i nostri giovani giocatori all'estero e quindi permettere ai talenti promettenti, che hanno magari 15/16/17 anni di terminare la propria fase di sviluppo e quindi potersi poi imporre a livello seniores. Certamente e' una proposta interessante che stiamo valutando con il presidente. Gia' il fatto che nella domanda ci si chieda se non esiste un'alternativa meno traumatica e' significativo del perche' la realta' a livello seniores , sempre parlando di pallacanestro, e' traumatica. Perche' ti trovi di fronte giocatori di diverso talento di diversa fisicita', provenienti da nazioni completamente diverse per cultura ed organizzazione. L' iper protezione dei nostri ragazzi e' un elemento che non aiuta a sentirsi parte di una realta' che a questo livello ti trovi necessariamente a dover affrontare. L'idea e' anche quella di far conoscere questa realta' a livello anche piu' basso dal punto di vista fisico tecnico e competitivo, in maniera da essere più pronti quando dovranno calcare palcoscenici piu' importanti.
B: Investirei di piu' sugli allenatori e cercherei di avere piu' strutture a disposizione, aumentando in maniera incredibile le tempistiche di allenamento. Avendo a disposizione piu' ore su cui lavorare come in Slovenia. Ribadisco che la cosa piu' importante e' lavorare sui tecnici, cercando di fare insegnare ai nostri ragazzi l'ABC della pallacanestro ragionando sui fondamentali senza perdersi in inutili tatticismi soprattutto per le prime fasce d'eta'.
Da parte nostra stiamo provando con il progetto ABA di inserire uno o due dei nostri giocatori non per fare panchina ma per dare minuti importanti come e' stato lo scorso anno con Battilana e Roveda. Anche quest'anno l'avvio di campionato ha visto Roveda grande protagonista nella vittoria con Roma.

Impensabile pensare ad un centro federale come quello francese? Da cui è uscita gente come Diaw e Parker. Se non ricordo male c'era un progetto legato alla squadra dell'Aeronautica poi svanito nel nulla.
P.: Anche qui tutto e' pensabile, il problema principale e' che in questo momento le squadre anche di vertice fanno poco settore giovanile di alto livello, poco reclutamento, pochi investimenti in questo campo. Di conseguenza qualsiasi idea e' da poter valutare. La Federazione non puo' essere esclusivamente uno spettatore deve avere un ruolo di volano, di promozione, di sostegno e supporto alle squadre che investono, e tanto, nel settore giovanile. Un'ipotesi da valutare e' quella di un centro federale, come tutte le ipotesi che portino ad una maggior presenza sul territorio, a  maggior capacita' di reclutamento, allo sviluppo di giovani giocatori, penso siano ben accette. La prima risposta che il movimento deve dare e' migliorare la capacita' di reclutare ed avvicinare i giovani a questo sport. Non solo i ragazzi che gia' lo praticano ma anche i potenziali atleti.
B.: Tutto e' pensabile, bisogna avere le persone e le idee per portare avanti dei progetti. Penso che in questo momento il basket in Italia abbia bisogno di idee concrete e di qualcuno che prenda decisioni. Ovviamente necessitano delle risorse per portare avanti i progetti.


Siete entrambi stati grandi giocatori per le rispettive categorie.
Cosa è cambiato in questi vent'anni?

 P.: La pallacanestro attuale ha caratteristiche fisicità e di dinamismo molto diversa rispetto a quella di vent'anni fa.   E' cresciuta la componente dinamica,  l'esplosivita', la rapidita' in tutte le posizioni dal play al centro. L'introduzione del tiro da tre punti ha allargato il campo, ci sono lunghi che tirano tranquillamente da dietro la linea, ma contestualmente si e' ristretto per l'atleticita'. Tanto che al di la' dell'oceano si sono trovati adattamenti anche difesivi  per permettere al campo nuovamente di allargarsi come l'introduzione dei tre secondi difensivi, che esaltano le qualita' di uno contro uno dei giocatori. Questa e' sostanzialmente la direzione che sta prendendo la pallacanestro moderna. C'e' sicuramente meno attenzione all'insegnamento ed alla cura dei  fondamentali rispetto a quello che era la formazione di un giovane tanti anni fa. Puo' anche essere che il dinamismo e velocita' delle azioni portino a minor controllo e di conseguenza fa sembrare alcuni giocatori meno tecnici.
B.:  Grazie innanzitutto per avermi affiancato a Flavio, che e' stato esempio di grande professionalita' per come si sta in palestra,andavo a vederlo e tifavo per lui ad Arese,ed ho un ricordo splendido di lui come giocatore. Io sono solo un giocatore che ha fatto il massimo per quello che poteva fare negli anni '90. La cosa piu' bella che ho potuto fare e' stata fare appassionare molte persone, e reputo una cosa molto bella che in tutti i posti dove ho giocato si ricordino di me in maniera positiva.
Oggi stiamo parlando di un basket diverso, dove l'atletismo e' predominante sulla tecnica.

Qual' è la più grande differenza tra giocare e dirigere? 
P.: Essere dirigente e' per me motivo di orgoglio e di grande soddisfazione dal punto di vista sportivo, perche' sono rimasto in un ambiente che adoro. Mi ha dato la possibilita' di valutare in maniera piu' attenta e dettagliata il lavoro di un team rispetto alla visione che avevo sicuramente miope nel momento in cui ho avuto la fortuna di essere giocatore di buon livello. Di conseguenza apprezzo molto di piu' in questo ruolo la capacita' di lavorare di squadra, di lavorare assieme per raggiungere obiettivi comuni, la capacita' di confrontarsi di programmare, discutere sulle varie situazioni e provare a trovare soluzioni. Non tutti i giocatori hanno avuto il mio approccio. Fortunatamente mi viene da dire. All'epoca come giocatore ero piu' attento alle mie situazioni personali piuttosto che avere una visione piu' ampia e piu' aperta guardando di piu' al beneficio che potevo portare o meno alla mia squadra.
B.: La differenza tra giocatore e dirigente e' un abisso.  Quando sei giocatore devi preoccuparti di te stesso, di star bene psicologicamente e fisicamente. Devi essere pronto atleticamente.  Giocando da play dovevo fare anche un po' da psicologo con i compagni di squadra, pensando un po' all'insieme.
Da dirigente ti devi preoccupare di tutte le componenti. E' una posizione molto difficile. Devi far quadrare i conti, devi avere un feeling particolare con l'allenatore in modo da prendere decisioni che facciano piacere a tutti. I giocatori hanno tante esigenze e vanno curati da tutti i punti di vista.

Quale categoria ti dà più pensieri nel tuo attuale lavoro? Coach? Giocatori? Proprietari?

P.:Per quanto detto sopra la categoria che mi da' piu' pensieri e' quella dei giocatori. Riuscire a trovare dei giocatori che hanno la capacita' di essere egoisti al punto giusto, perche' comunque tutti si e' un po' egoisti e si ha un po' la mania di essere protagonisti. Che comunque abbiano una visione orientata al beneficio di squadra penso che sia un aspetto importante della selezione dei giocatori, oppure la capacita' di trasmettere loro questo tipo di approccio penso che sia determinante perche il bene del singolo non sempre e' il bene di un gruppo di lavoro.
B.: Ho la facilita' di avere un presidente come Marco Taiana che e' uno dei miei migliori amici , se non il migliore, che mi rende facile dire le cose. Probabilmente non riuscirei a fare la stessa cosa con altri proprietari.


Esposito, Buscaglia, Di Carlo. Nessuno dei tre ha trovato una panchina nelle squadre di alto livello in serie A. Chi ha cambiato è andato sull'usato sicuro. Troppo difficile scommettere sull'allenatore? (Trinchieri per trovare una grande panchina è dovuto emigrare)
P. : Non ritengo sia piu' difficile scommettere sull'allenatore e' semplicemente questione di tempistiche e di momento. Facendo dei nomi un progetto sicuramente molto interessante e' quello della Virtus Bologna che ha confermato l'allenatore della promozione, Buscaglia e' in un club che ha giocato la finale, la Reyer da campione d'Italia non aveva ragione di cambiare. Ognuno ha il proprio percorso, quello di Trinchieri sicuramente molto positivo lo ha portato all'estero, altri hanno avuto la possibilita' di affermarsi facendo tanta gavetta. Superare i confini non e' una punizione, ed in uno sport sempre piu globale come e' la pallacanestro, alcune volte e' maturare consapevolezza della qualita' del proprio lavoro ed aprirsi orizzonti migliori e piu' prolifici rispetto a quello che sarebbe potuto essere rimanere in Italia.
B.: La scelta dell'allenatore e' sempre una scommessa. In genere con il presidente si ha un'idea di che tipo di squadra costruire, quindi la scelta dell'allenatore e' legata alle loro caratteristiche e questo. Stiamo parlando di tre allenatori super, con Esposito che e' stato oltretutto un grande giocatore con grande carisma. Trinchieri e' una cosa impossibile pensare che non sia su una panchina italiana. Lo considero uno dei migliori allenatori italiani ed e' un danno incredibile non averlo nel nostro campionato.


Un americano di A2 che consiglieresti a Flavio e un Italiano da far crescere che consiglieresti a Basilico?
P.: Penso che il miglior prospetto anche dal punto di vista fisico atletico sia Okeke, che ha comunque gia' avuto minuti in campo a Torino, partendo anche una volta in quintetto. Potrebbe aver senso per lui cercare piu' minuti in campo facendo un anno in lega2. Comunque il livello del giocatore dal punto di vista atleti ed  istruttori di prima fascia come Luca Banchi e Paolo Galbiati, che a Milano conosciamo molto bene, di conseguenza il suo percorso potrebbe essere soddisfacente e funzionale rimanendo dov'e'.
B.: Come premessa ritengo che la nostra coppia di americani sia fra le migliori del campionato (quindi Flavio non pensare di portarceli via!). Dal maggior quotidiano sportivo italiano e' stato fatto piu' volte il nome di AJ Pacher, nel suo ruolo, come candidato ad una squadra di serie maggiore. Ritengo ci siano comunque altri americani degni di una chance al piano di sopra, pur riconoscendo che si parla di un livello superiore.

A quando un derby al Palalido? 
P.: Un derby per la verità c'e' gia' stato a Bormio un po' distante da Milano. Simbolo della problematica che ormai stiamo vivendo da anni. Il Palalido e' un'annosa questione che sembra in via di risoluzione. Aspettiamo quest'inaugurazione e poi ci sara' modo e piacere di confrontarsi con un progetto ambizioso ed organizzato come quello di Legnano.
B.: Un derby al Palalido? Magari! Parlando seriamente la categoria per il Legnano Basket e' comunque l'A2,campionato impegnativo e che da molte soddisfazioni.Colgo l'occasione per ringraziare due persone che lavorano nel Legnano da sempre con grande passione ed energia,Max Giudici e Lollo Prandi

Ringraziamo i due general manager che si sono prestati a rispondere alle domande di noi appassionati con grande slancio e collaborazione.

E comunque sempre forza Biancorossi

M. e P.










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